Da: Ciro Inicorbaf Articolo tratto dalla GAZZETTA DI PARMA del 18/02/2001 Un
prezioso documento redatto da Federico II viene ad arricchire il patrimonio
dell'Archivio di Stato Una lettera che arriva 800 anni dopo Federico II era partito per la caccia, il mattino del 18
febbraio 1248, tra un festoso latrare di cani, un accorrere di battitori, un
tintinnare di armi e di sonagli dei cavalli bardati come per un torneo. Con
lui il figlio Manfredi e una cinquantina di cavalieri tedeschi ed italiani.
Mentre insegue la preda, a gara con i più valorosi dei suoi, sente la campana
di Vittoria suonare a stormo con affrettati rintocchi d'allarme. Vittoria era
la città di legno e pietra che egli aveva costruito vicino a Parma, sicuro non
solo di vincere la resistenza dell'avversaria, ma anche di poterla sostituire
con la nuova urbe di fondazione. Quel giorno il suo sogno brucia miseramente.
Accorre al soccorso, ma ormai tutto è perduto. I Parmigiani hanno occupato il
campo, ucciso 1.500 soldati imperiali, il doppio fatto prigioniero, trascinato
il carroccio di Cremona in Duomo, trainandolo con gli asini, come scherno. Un
giovane, di cui si ricorda solo il soprannome, Cortopasso, trascina la corona
imperiale nella polvere e nella cenere di quella che era ormai Vittoria, come
un inutile giocattolo. Se Federico fosse stato presente avrebbe certo potuto
evitare i grossolani errori che avevano permesso ai Parmigiani di uscire dal
loro assedio che durava da 232 giorni. Per l'imperatore inizia così una rapida
decadenza. Muore improvvisamente a Castelfiorentino, vicino a Firenze, nel
1250, e con lui finisce una concezione dell'Impero che lascia ancor oggi
strascichi di nostalgia. Per questa ragione piace in questo giorno, che
ricorda la battaglia di Vittoria, comunicare ai lettori che un nuovo documento
di Federico II è venuto ad arricchire il patrimonio dell'Archivio di Stato di
Parma, acquistato dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali. Me lo
aveva segnalato quell'incredibile segugio di libri e documenti che è Corrado
Mingardi, presenza silenziosa ma insostituibile della cultura parmigiana dei
nostri anni, ed il Ministero ha fatto la sua parte, tramite la Soprintendenza
Archivistica per la Lombardia. Si tratta di un documento conosciuto solo per
una trascrizione edita a metà dei Seicento da Ferdinando Ughelli, che però non
aveva indicato dove l'originale fosse conservato. Il documento fu redatto il
18 marzo 1219 a Haguenau in Alsazia francese, nel dipartimento del Basso Reno.
Un mese prima, il 19 febbraio, da Spira, l'imperatore aveva confermato al
Comune di Parma i privilegi concessi dai suoi predecessori. L'originale di
questo atto con il sigillo pendente in cera apparteneva già all'Archivio di
Stato di Parma. Un mese dopo dunque Federico II con questo nuovo privilegio
specificava che la precedente concessione al Comune in nessun modo poteva
intaccare i privilegi tradizionali del vescovo di Parma, Obizzo Fieschi. Il
documento era stato fatto ricopiare per ordine del podestà e del vescovo di
Parma dal notaio Nicolò Dall'Alio, poiché l'originale rischiava di andare
perduto per le cattive condizioni nelle quali si trovava, il 23 gennaio 1392.
Ed è questa copia ritrovata, che sarà presto sottoposta a restauro virtuale
dalla Fotoscientifica di Parma ed edita da Ezio Barbieri dell'Università di
Pavia, docente di Diplomatica della Scuola di Archivistica, Paleografia e
Diplomatica dell'Archivio di Stato di Parma. Un bel modo per anticipare di
alcuni giorni la terza settimana per la cultura da parte del nostro Archivio
di Stato. Marzio Dall'Acqua Direttore dell'Archivio di Stato di Parma
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